Già sotto questo profilo avverto difficoltà a riportarmi perché avverto la fluidità e inconsistenza del mio approccio fotografico. Mi chiamo Lorenzo e vivo in una città, Palermo, tanto bella quanto sfigurata. Da qualche anno felicemente in pensione, e anche nonno, godo del più grande privilegio, quello di avere una moglie tanto meravigliosa quanto comprensiva che tanto tempo mi ha consentito per il mio “hobby”. Appartengo forse più al secolo scorso perché lì sono racchiusi gli anni della mia giovinezza e maturità. Fotograficamente sono un nativo analogico convertitosi al digitale in questo secolo ma non disdegno l’uso promiscuo dei due mezzi. Un modo di esprimersi, verrebbe di dire. Epperò forse il più delle volte, sin da quando ragazzo amavo le levate all’alba per andare incontro alla luce – cosa che oggi riesco a far solo raramente – ho la percezione che si possa realizzare un incontro quasi mistico con un frammento di realtà che irrimediabilmente, inesorabilmente, ha la forza intrinseca di proporsi alla visione e chiede di essere colto. Qui naturalmente si aprivano – e si aprono – le grandi questioni, introspezioni sul perché e il come. Non è questa la sede per addentrarsi nel campo della riflessione sulla Fotografia. Voglio soltanto evidenziare che dopo quasi 50 di pratica fotografica, posso solo introdurre in forma dubitativa alcuni elementi chiave del mio vissuto esperienziale: - chi è il medium: dubito fortemente che l’autore possa disidentificarsi dallo strumento adoperato e impostato da lui in un certo modo; - la valenza terapeutica: vedere = ascoltare, mi ha educato molto alla relazionalità, a superare i blocchi inibitori; - mancanza di “disegno strategico”: l’uscita fotografica per me non parte mai da una visione progettuale anche quando vado incontro ad un evento noto, già sperimentato; - indifferenza del mezzo usato: vero spesso, ma non sempre, perché ci sono situazioni in cui soccorre, fino a diventare essenziale, l’estrema latitudine di posa di un sensore digitale performante; - le regole se valgono possono essere trasgredite: penso a uno dei dogmi della mia generazione: l’intangibilità dell ‘ur-negativo (complice una certa mitizzazione del guru HCB con la sua piccola camera “invisibile”). Quale sorpresa scoprire che un altro grande maestro, da poco scomparso, Fan Ho, che ha espressamente dichiarato di avere come suo riferimento HCB, non solo fotografava con Rolleiflex ma riteneva del tutto fisiologico e normale il “crop”!
-sospensione del giudizio, rimando alla memoria: l’output appare spesso non valutabile con le categorie del “qui e ora”, donde la legittimazione a conservare anche ciò che andrebbe invece distrutto.
Concludendo, il mio percorso “analogico” è andato dal negativo colore, alle dia, al bianco e nero per approdare oggi prevalentemente al digitale, con una per me inopinata riscoperta del colore (fascinazione del “mood” alla M. Parr?). Vi trasmetto 5 immagini spero esemplificative di quanto ho cercato di esporre. Grazie. Un caro saluto
Lorenzo D’Asaro
Dai Misteri di Trapani (2005)
Doppio twin Madonna del Carmelo Ballarò
Ballarò l'ultimo dell'anno 2017
Il matador dopo bagno fuori stagione febbraio 2018
Arco di Cutò novembre 2017
