Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
- Carlo Riggi
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Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
La fotografia postata nel thread "Palermo '02" , con i due bambini, ha prodotto su Facebook uno scambio di opinioni sull' annoso tema del diritto alla privacy, specie in merito alle immagini di bambini.
Quel che penso sull'argomento l'ho sintetizzato tempo fa in questo articolo per Nadir:
http://www.nadir.it/pandora/RIGGI_AMORE ... -amore.htm
Mi piacerebbe conoscere il vostro pensiero al riguardo e aprire qui una discussione, se vi va.
Quel che penso sull'argomento l'ho sintetizzato tempo fa in questo articolo per Nadir:
http://www.nadir.it/pandora/RIGGI_AMORE ... -amore.htm
Mi piacerebbe conoscere il vostro pensiero al riguardo e aprire qui una discussione, se vi va.
Ciao
Carlo
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- MarcoBiancardi
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Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
Grazie Carlo per averlo riproposto.
L’avevo già letto, tutto condivisibile.
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Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
Ho letto con interesse quanto proposto.
Il contenuto è condivisibile, anche se nella realtà della nostra Italia, diviene scarsamente applicabile, senza scatenare come dici giustamente, acerrime guerre.
Come per tutte le faccende Italiane, il diritto alla privacy, è diventato una sorta di prigione, nella quale rimane custodita la figura (ma anche certi luoghi) umana.
Ma allora, mi chiedo, perché non estendiamo la privacy anche agli sguardi? Si perché in fondo tutto ciò che i nostri occhi osservano diventano immagini nella nostra mente.
Che differenza c'è tra questa ultima e l'immagine catturata con la fotocamera a parte ovviamente la capacità riproduttiva che la nostra mente non possiede?
Ritorneremmo dunque ad alcune civiltà tribali? Metteremo tutti il burqa?
Civiltà neanche tanto lontane (nel tempo e nello spazio) da noi?
Ricordo ragazzo, quando in certi luoghi o quartieri, della mia città dove sono nato, non si poteva posare lo sguardo sulle fanciulle, senza correre rischi; si dirà: ma li forse centra tutt'altra faccenda, più strettamente legata alla gelosia, ed al 'possesso'.
Si ma in fondo la privacy cos'è?
Il contenuto è condivisibile, anche se nella realtà della nostra Italia, diviene scarsamente applicabile, senza scatenare come dici giustamente, acerrime guerre.
Come per tutte le faccende Italiane, il diritto alla privacy, è diventato una sorta di prigione, nella quale rimane custodita la figura (ma anche certi luoghi) umana.
Ma allora, mi chiedo, perché non estendiamo la privacy anche agli sguardi? Si perché in fondo tutto ciò che i nostri occhi osservano diventano immagini nella nostra mente.
Che differenza c'è tra questa ultima e l'immagine catturata con la fotocamera a parte ovviamente la capacità riproduttiva che la nostra mente non possiede?
Ritorneremmo dunque ad alcune civiltà tribali? Metteremo tutti il burqa?
Civiltà neanche tanto lontane (nel tempo e nello spazio) da noi?
Ricordo ragazzo, quando in certi luoghi o quartieri, della mia città dove sono nato, non si poteva posare lo sguardo sulle fanciulle, senza correre rischi; si dirà: ma li forse centra tutt'altra faccenda, più strettamente legata alla gelosia, ed al 'possesso'.
Si ma in fondo la privacy cos'è?
Cordialmente
Giuseppe
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- Carlo Riggi
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Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
Grazie Giuseppe, bel contributo.
Grazie anche a Marco!
Qualche anno fa, per provocazione, lanciai un appello al "No-No Photo", per denunciare questa irritante abitudine di non lasciar fotografare nei musei, per paradosso, anche nelle esposizioni fotografiche.
Come giustamente dice Giuseppe, questa visione oscurantista si estende allo sguardo... Per questo credo che noi fotografi dovremmo opporci strenuamente. Basterebbe il pensiero a quanti capolavori non sarebbero potuti nascere oggi con questo giogo. A partire da Rue Mouffetard.
Grazie anche a Marco!
Qualche anno fa, per provocazione, lanciai un appello al "No-No Photo", per denunciare questa irritante abitudine di non lasciar fotografare nei musei, per paradosso, anche nelle esposizioni fotografiche.
Come giustamente dice Giuseppe, questa visione oscurantista si estende allo sguardo... Per questo credo che noi fotografi dovremmo opporci strenuamente. Basterebbe il pensiero a quanti capolavori non sarebbero potuti nascere oggi con questo giogo. A partire da Rue Mouffetard.
Ciao
Carlo
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- Carlo Riggi
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Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
Massimo, ma cosa ne incoglierebbe, a noi o ai nostri figli, se qualcuno pubblicasse una bella foto della loro infanzia? Mentre giocano, sorridono, mangiano un gelato...
Questa paura della pubblicazione su internet è molto indotta, secondo me, è diventata un cieco riflesso, una demonizzazione senza senso.
Sarei preoccupato per foto che finissero in certi circuiti ristretti e oscuri, piuttosto, non per quelle pubblicate sul web.
Stiamo parlando ovviamente di foto di strada, o di ambienti comunque liberi. Non è il genere di foto che interessa ai malintenzionati.
Questa paura della pubblicazione su internet è molto indotta, secondo me, è diventata un cieco riflesso, una demonizzazione senza senso.
Sarei preoccupato per foto che finissero in certi circuiti ristretti e oscuri, piuttosto, non per quelle pubblicate sul web.
Stiamo parlando ovviamente di foto di strada, o di ambienti comunque liberi. Non è il genere di foto che interessa ai malintenzionati.
Ciao
Carlo
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- Ottavio Colosio
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Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
Non e' del tutto vero Carlo,
parlando tempo fa con una persona, questa aveva notato il tag su flickr delle foto dei suoi bimbi, entrando nel profilo del "tizio" la sorpresa di centinaia di foto di bimbi dalla rete..la cosa fu segnalata ed il profilo credo chiuso.. .
Ad ogni modo evito anch'io di fotografare bambini in pubblico, non fosse altro per stare lontano da spiacevoli episodi di isteria collettiva ai quali purtroppo siamo abituati da tempo...
Anni fa ad una manifestazione politica dove ero per lavoro, un tale si avvicino' chiedendomi di vedere le foto a display e di cancellare quelle dove lui era visibile...ovviamente lo mandai a f..nc..lo nel giro di pochi millisecondi.
parlando tempo fa con una persona, questa aveva notato il tag su flickr delle foto dei suoi bimbi, entrando nel profilo del "tizio" la sorpresa di centinaia di foto di bimbi dalla rete..la cosa fu segnalata ed il profilo credo chiuso.. .
Ad ogni modo evito anch'io di fotografare bambini in pubblico, non fosse altro per stare lontano da spiacevoli episodi di isteria collettiva ai quali purtroppo siamo abituati da tempo...
Anni fa ad una manifestazione politica dove ero per lavoro, un tale si avvicino' chiedendomi di vedere le foto a display e di cancellare quelle dove lui era visibile...ovviamente lo mandai a f..nc..lo nel giro di pochi millisecondi.
Saluti
Ottavio
Matematicamente parlando, la fotografia è un'applicazione lineare da R3 in R2
Ottavio
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- Carlo Riggi
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Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
Quindi, Ottavio, secondo te dovremmo rinunciare all'ipotesi (remota) che nasca una nuova 'Rue Mouffetard"?
Certo, se parliamo di bellissime foto patinate di bimbi adagiati sul divano di casa, è logico in quel caso munirsi di specifiche autorizzazioni alla pubblicazione. Con quelle foto posso capire che qualche perverso possa pensare di realizzare un mostruoso "catalogo".
Ma la foto di strada di un bimbo cos'ha di diverso dalla tua foto del manifestante che hai giustamente mandato a fare...?
Certo, se parliamo di bellissime foto patinate di bimbi adagiati sul divano di casa, è logico in quel caso munirsi di specifiche autorizzazioni alla pubblicazione. Con quelle foto posso capire che qualche perverso possa pensare di realizzare un mostruoso "catalogo".
Ma la foto di strada di un bimbo cos'ha di diverso dalla tua foto del manifestante che hai giustamente mandato a fare...?
Ciao
Carlo
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Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
Ne sono certo, purtroppo. Ma anche in un mondo imperfetto i mascalzoni dovrebbero trarre un beneficio dalle loro malefatte. Che beneficio avrebbero dal collezionare foto innocenti di bimbi liberamente intenti a fare i bimbi? E non è la prima stesso per le donne? Per i giovani? Per le belle case, che qualcuno potrebbe pensare di scassinare?.. E allora, riponiamo le fotocamere?
Ciao
Carlo
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- MarcoBiancardi
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Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
Si, siamo vittime di una forma di isteria collettiva.
Anch’io i bambini tendo a non fotografarli, non certo di nascosto, comunque, senza un assenso dei genitori. Oppure provo ha fotografare l’infanzia, più che il singolo bambino riconoscibile.
È il timore della rete, dei mostri che vi si nascondono, che genera una insana paura.
Un pedofilo può trarre piacere da una immagine innocente di un bimbo per strada?
La sua perversione deve allora pervertire anche il (buon)senso estetico e culturale dei più?
È come aver paura di uscire di casa di sera per timore dei malfattori, cosi si lascia loro l’esclusiva di luoghi di cui invece bisogna rimpossessarsi.
Certamente resta la libertà di fotografare ciò che è in pubblico, il problema si pone solo dopo, nella divulgazione. Se gli intenti sono buoni e di tipo “culturale”, non commerciale o di lucro, non si dovrebbe avere difficoltà a spiegarlo e a ottenere l’assenso degli interessati.
Il diritto alla pricacy, comunque credo riguardi i dati sensibili e non l’immagine, che ha un’altra regolamezione legale.
Anch’io i bambini tendo a non fotografarli, non certo di nascosto, comunque, senza un assenso dei genitori. Oppure provo ha fotografare l’infanzia, più che il singolo bambino riconoscibile.
È il timore della rete, dei mostri che vi si nascondono, che genera una insana paura.
Un pedofilo può trarre piacere da una immagine innocente di un bimbo per strada?
La sua perversione deve allora pervertire anche il (buon)senso estetico e culturale dei più?
È come aver paura di uscire di casa di sera per timore dei malfattori, cosi si lascia loro l’esclusiva di luoghi di cui invece bisogna rimpossessarsi.
Certamente resta la libertà di fotografare ciò che è in pubblico, il problema si pone solo dopo, nella divulgazione. Se gli intenti sono buoni e di tipo “culturale”, non commerciale o di lucro, non si dovrebbe avere difficoltà a spiegarlo e a ottenere l’assenso degli interessati.
Il diritto alla pricacy, comunque credo riguardi i dati sensibili e non l’immagine, che ha un’altra regolamezione legale.
- Ottavio Colosio
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Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
Riporre la fotocamera no e nemmeno all'estremo rinunciare all'ipotesi di una nuova Rue Mouffetard....credo in una certa attenzione nello scatto e soprattutto nel modo in cui lo si esegue in un certo contesto..nell'approccio che abbiamo, rapportato al luogo..ed al tempo soprattutto.
Ai bei anni che furono di macchine fotografiche se ne vedevano gran poche in circolazione ma oggi e' un oggetto la cui funzionalita' si e' trasformata..non solo, e' un oggetto racchiuso praticamente ovunque..l'hanno tutti; nell'immaginario moderno, quello dei social uno scatto equivale ad una condivisione pubblica.
Per noi che viviamo la fotografia con lo spirito di Rue Mouffetard e' una gioia vedere certe azioni ma per altri, quelli che lo smartphone e subito sui social.. non e' piu' una fotografia...e' altro.
Quando scatto i miei silenziosi paesaggi urbani con L'Hasselblad mi becco imprecazioni di automobilisti che frenano di colpo pensando ad un Velox....ed il passaggio e' breve....a genitori che chiedono spiegazioni all'insegnante di un brutto voto al loro Einstein..l'allenatore menato dal papa' perche' lascia in panchina il piccolo Pele'..ecc. e' questo, generalizzando, il contesto sociale nel quale muoversi oggi con una macchina fotografica...credo.
Ai bei anni che furono di macchine fotografiche se ne vedevano gran poche in circolazione ma oggi e' un oggetto la cui funzionalita' si e' trasformata..non solo, e' un oggetto racchiuso praticamente ovunque..l'hanno tutti; nell'immaginario moderno, quello dei social uno scatto equivale ad una condivisione pubblica.
Per noi che viviamo la fotografia con lo spirito di Rue Mouffetard e' una gioia vedere certe azioni ma per altri, quelli che lo smartphone e subito sui social.. non e' piu' una fotografia...e' altro.
Quando scatto i miei silenziosi paesaggi urbani con L'Hasselblad mi becco imprecazioni di automobilisti che frenano di colpo pensando ad un Velox....ed il passaggio e' breve....a genitori che chiedono spiegazioni all'insegnante di un brutto voto al loro Einstein..l'allenatore menato dal papa' perche' lascia in panchina il piccolo Pele'..ecc. e' questo, generalizzando, il contesto sociale nel quale muoversi oggi con una macchina fotografica...credo.
Saluti
Ottavio
Matematicamente parlando, la fotografia è un'applicazione lineare da R3 in R2
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- Carlo Riggi
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Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
Quindi cari amici, se capisco bene, le remore sono più in previsione di eventuali reazioni dei parenti, che non per le implicazioni morali del gesto di fotografare e pubblicare foto di minori?
Perché, altrimenti, si aprirebbe tutto il capitolo delle foto di bambini scattate in ambienti esotici, spesso fatte in condizioni di naturale nudità. In quel caso vengono meno le remore perché sono più distanti, e improbabili, i loro avvocati?
E ancora, Ottavio, tu hai fatto l'esempio del manifestante che ti ha chiesto di cancellare le sue foto.
L'obiezione classica che si fa con le immagini dei bambini è che essi sono indifesi e non sono in grado di determinarsi una propria volontà rispetto al gesto che li vede protagonisti, e di farla valere. Ma nel caso del manifestante, lui era perfettamente in grado di far valere la propria volontà e lo ha fatto. Cosa ti ha fatto sentire autorizzato a conservare le sue foto? Lui manifestava pubblicamente, ma anche i bambini si manifestano pubblicamente nel momento del gioco. I piccoli non siamo sicuri che siano d'accordo con la ripresa, ma quello certamente NON era d'accordo. Allora?
Grazie per i vostri pareri. Ribatto sugli aspetti che mi lasciano perplesso, mi aiuta a riflettere, ma concordo con la gran parte delle vostre considerazioni.
Perché, altrimenti, si aprirebbe tutto il capitolo delle foto di bambini scattate in ambienti esotici, spesso fatte in condizioni di naturale nudità. In quel caso vengono meno le remore perché sono più distanti, e improbabili, i loro avvocati?
E ancora, Ottavio, tu hai fatto l'esempio del manifestante che ti ha chiesto di cancellare le sue foto.
L'obiezione classica che si fa con le immagini dei bambini è che essi sono indifesi e non sono in grado di determinarsi una propria volontà rispetto al gesto che li vede protagonisti, e di farla valere. Ma nel caso del manifestante, lui era perfettamente in grado di far valere la propria volontà e lo ha fatto. Cosa ti ha fatto sentire autorizzato a conservare le sue foto? Lui manifestava pubblicamente, ma anche i bambini si manifestano pubblicamente nel momento del gioco. I piccoli non siamo sicuri che siano d'accordo con la ripresa, ma quello certamente NON era d'accordo. Allora?
Grazie per i vostri pareri. Ribatto sugli aspetti che mi lasciano perplesso, mi aiuta a riflettere, ma concordo con la gran parte delle vostre considerazioni.
Ciao
Carlo
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Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
..... Siamo vittime di isteria collettiva ....
E' questo il punto; la nostra società, ha interiorizzato l'uso indiscriminato, ed a volte sguaiato, che certi media usano nel dare le notizie.
Questo 'modus operandi', a mio modo di vedere, ha fortemente influenzato, l'atteggiamento dei più, portandoli a vedere nell'innocente fotografo, il mostro che sbatterà in prima pagina il proprio caro.
Ed è per questo che dobbiamo cercare, nei giusti modi, di opporci a tale modo di pensare, anche se la faccenda è affatto facile.
E' questo il punto; la nostra società, ha interiorizzato l'uso indiscriminato, ed a volte sguaiato, che certi media usano nel dare le notizie.
Questo 'modus operandi', a mio modo di vedere, ha fortemente influenzato, l'atteggiamento dei più, portandoli a vedere nell'innocente fotografo, il mostro che sbatterà in prima pagina il proprio caro.
Ed è per questo che dobbiamo cercare, nei giusti modi, di opporci a tale modo di pensare, anche se la faccenda è affatto facile.
Cordialmente
Giuseppe
Giuseppe
Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
Il tema mi intriga moltissimo. Sinteticamente: sono d'accordo con Carlo. Non sottovaluto,in particolare, le osservazioni di Massimo e di Ottavio, ma credo che empaticamente bisogna resistere e volare alto. Semmai non m'è chiaro, e vorrei approfondirlo, l'aspetto eziologico. Il mutato prisma di valutazione va certo correlato all'espansione di un modello individualistico, materialistico, nel quale il bimbo diviene, dal lato famiglia/genitori, sempre più proprietà, bene misurabile, bene d'investimento, anche sotto un profilo risarcitorio. Ciò fa sinistramente pendant con la logica di sfruttamento "cruento" da parte dei pedofili. Ma le cause? Possiamo azzardare che la deriva tardo capitalista, nel dare a ciascuno il suo prezzo e nel determinare un sistema di bisogni tanto più superflui quanto irresistibili e inprescindibili, abbia ingenerato una crisi profonda nelle relazioni umane riducendole a valori d'uso? Nello specifico del contesto familiare, lo stesso genitore pronto a contestare uno scatto innocente che raffigura il proprio bambino ed eventualmente a avanzare anche in sede legale pretese di tipo risarcitorio è capace anche di spalleggiare il figlio impreparato a scuola per contestare le valutazioni dell'insegnante fino al ricorso in sede giudiziale. Per non parlare delle aberrazioni dei genitori allenatori di piccoli talenti sportivi. E' come se si esercitasse una sorta di rivalsa verso terzi per coprire il fatto di avere abdicato ad essere figura genitoriale presente e autorevole, capace di comunicare e di soccorrere, non di imprigionare riducendo a cosa, ma di liberare, aiutare a crescere una persona.. Scusate, se parto per la tangente. O no?
- Ottavio Colosio
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Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
Io non ho implicazioni morali nel fotografare un minore, non ho secondi fini deprecabili ed e' solo per evitare certe sgradevoli discussioni che evito..e' il concetto errato o distorto di fotografia che spesso porta a questo, la convinzione che lo scatto serva a chissa' cosa o mille altre paturnie che la gente si mette in testa.
Se questo puo' valere per il soggetto genitore/minore, ( ma non dovrebbe, perche' in un luogo pubblico fotografo quello che voglio...e' la possibile pubblicazione una discriminante dell'atto fotografico ), non vale certo per un adulto ad una manifestazione dove fotografi e troupe TV riprendono tutto..e' in un contesto simile e non al parco seduto su di una panchina, in cui uno non ha scusanti sulle sue pretese e dargli dell'idiota e' stato il minimo dovuto.
Trovo sia fondamentalmente una questione legata al contesto, alle situazioni che si creano o si possono creare.
Ma in fondo siamo in un paese dove le regole si fanno per non essere rispettate...per legge e' possibile fotografare nei musei pubblici ma spesso si trovano cartelli di divieto
Se questo puo' valere per il soggetto genitore/minore, ( ma non dovrebbe, perche' in un luogo pubblico fotografo quello che voglio...e' la possibile pubblicazione una discriminante dell'atto fotografico ), non vale certo per un adulto ad una manifestazione dove fotografi e troupe TV riprendono tutto..e' in un contesto simile e non al parco seduto su di una panchina, in cui uno non ha scusanti sulle sue pretese e dargli dell'idiota e' stato il minimo dovuto.
Trovo sia fondamentalmente una questione legata al contesto, alle situazioni che si creano o si possono creare.
Ma in fondo siamo in un paese dove le regole si fanno per non essere rispettate...per legge e' possibile fotografare nei musei pubblici ma spesso si trovano cartelli di divieto
Saluti
Ottavio
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- Ottavio Colosio
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Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
Lorenzo,
queste tue righe dovrebbero essere scolpite nella pietra !
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Saluti
Ottavio
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- Carlo Riggi
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Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
Tempo fa, girando con la mia fotocamera, ero capitato sulla soglia di un bel laboratorio di falegnameria, con un elegante signore anziano intento a riparare un oggetto antico. Mi sono affacciato e ho chiesto rispettosamente se potevo fargli una foto, mostrandomi ammirato per la bellezza di un ambiente ormai sempre più raro da trovare. Il signore mi ha risposto a malo modo di no! Ho chiesto scusa e stavo andando via quando lui, dall'interno, quasi scusandosi fa: "sa, è per la privacy".
A occhio e croce, quell'anziano signore avrà appreso questo concetto non più tardi di una decina di anni fa, quando ha cominciato a diventare di moda nei media. Sono sicuro che prima non avrebbe avuto alcuna difficoltà a lasciarsi fotografare; avrebbe probabilmente ringraziato per il mio gesto, magari assaporando una possibile opportunità pubblicitaria.
Oggi invece risponde a un riflesso condizionato, per cui una fotografia ha qualcosa di oscuro, di cattivo.
Ecco quel che intendo per bisogno indotto.
Lorenzo pone quesiti interessantissimi, ai quali non saprei cosa rispondere. Penso che egli stesso abbia individuato delle possibili risposte, molto plausibili per me.
Di mio, posso dire che tutta questa mania della privacy (o diritto all'immagine, come giustamente corregge Marco), fa parte del male dei nostri tempi: la paranoia. Ne è ad un tempo causa e conseguenza.
La paranoia fa sì di proiettare fuori di sé tutto il male, ottenendo di vederlo ritorto contro di sé in un assetto persecutorio.
Questo spiega anche l'abitudine, qui rilevata, di accusare i professori, l'autorità in generale, per le magagne propri e dei propri figli. Fenomeni che oggi hanno anche delle ripercussioni politiche, sulle quali mi astengo per non uscire dal seminato della nostra bella riflessione.
Quel che colpisce, ritornando pienamente IT, è che queste idiosincrasie per l'immagine riguardino principalmente la fotografia e non le videoriprese. Neppure gli smartphone, che poi sono lo strumento di maggiore diffusione delle immagini genera una reazione simile a quella di una fotocamera. Perché? In una riflessione di qualche anno fa, legai questo fenomeno all'angoscia della morte. Provo qui a sintetizzare.
Le persone sono ben disposte a lasciarsi riprendere dalle telecamere di un qualunque reality show – dove tutto è dato in modo ipersaturo – , ma diventano irascibili e intolleranti quando vengono fotografate. Sembra che l’atto autoriale del fotografo e del suo apparecchio sia in grado di trafugare materialmente un pezzo delle loro vite, l’anima... L'iperrealismo della videoripresa, priva del silenzio dell'otturatore, non prevede elaborazione del lutto e oblio ma solo l’eterno happening dei nos-feratu. La prevalenza di pensiero concreto che caratterizza sempre più la nostra società non consente di concepire l’alterità, la separazione, la morte. Ogni distacco, anche solo il perdere il controllo su un pezzo della propria effige, equivale ad un evento angoscioso insopportabile, una mutilazione reale. Non stupisce che oggi sia così diffuso il divieto di fotografare all’interno dei cimiteri, un tempo considerati, proprio per via della sua intrinseca capacità di “immortalare”, luoghi d’elezione per la fotografia.
Naturalmente, è solo un punto di vista. Certamente non esaustivo.
A occhio e croce, quell'anziano signore avrà appreso questo concetto non più tardi di una decina di anni fa, quando ha cominciato a diventare di moda nei media. Sono sicuro che prima non avrebbe avuto alcuna difficoltà a lasciarsi fotografare; avrebbe probabilmente ringraziato per il mio gesto, magari assaporando una possibile opportunità pubblicitaria.
Oggi invece risponde a un riflesso condizionato, per cui una fotografia ha qualcosa di oscuro, di cattivo.
Ecco quel che intendo per bisogno indotto.
Lorenzo pone quesiti interessantissimi, ai quali non saprei cosa rispondere. Penso che egli stesso abbia individuato delle possibili risposte, molto plausibili per me.
Di mio, posso dire che tutta questa mania della privacy (o diritto all'immagine, come giustamente corregge Marco), fa parte del male dei nostri tempi: la paranoia. Ne è ad un tempo causa e conseguenza.
La paranoia fa sì di proiettare fuori di sé tutto il male, ottenendo di vederlo ritorto contro di sé in un assetto persecutorio.
Questo spiega anche l'abitudine, qui rilevata, di accusare i professori, l'autorità in generale, per le magagne propri e dei propri figli. Fenomeni che oggi hanno anche delle ripercussioni politiche, sulle quali mi astengo per non uscire dal seminato della nostra bella riflessione.
Quel che colpisce, ritornando pienamente IT, è che queste idiosincrasie per l'immagine riguardino principalmente la fotografia e non le videoriprese. Neppure gli smartphone, che poi sono lo strumento di maggiore diffusione delle immagini genera una reazione simile a quella di una fotocamera. Perché? In una riflessione di qualche anno fa, legai questo fenomeno all'angoscia della morte. Provo qui a sintetizzare.
Le persone sono ben disposte a lasciarsi riprendere dalle telecamere di un qualunque reality show – dove tutto è dato in modo ipersaturo – , ma diventano irascibili e intolleranti quando vengono fotografate. Sembra che l’atto autoriale del fotografo e del suo apparecchio sia in grado di trafugare materialmente un pezzo delle loro vite, l’anima... L'iperrealismo della videoripresa, priva del silenzio dell'otturatore, non prevede elaborazione del lutto e oblio ma solo l’eterno happening dei nos-feratu. La prevalenza di pensiero concreto che caratterizza sempre più la nostra società non consente di concepire l’alterità, la separazione, la morte. Ogni distacco, anche solo il perdere il controllo su un pezzo della propria effige, equivale ad un evento angoscioso insopportabile, una mutilazione reale. Non stupisce che oggi sia così diffuso il divieto di fotografare all’interno dei cimiteri, un tempo considerati, proprio per via della sua intrinseca capacità di “immortalare”, luoghi d’elezione per la fotografia.
Naturalmente, è solo un punto di vista. Certamente non esaustivo.
Ciao
Carlo
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- Andrea Podesta'
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Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
.... penso che il limite sia da cercarsi in noi stessi nel fine e nell'intenzione stessa che ci ha motivato.
Se noi troviamo le risposte per sostenere il perchè, di fronte a chi obbietti qualcosa, la situazione si stempera e si ci ritrova a condividere il pensiero che ci ha tanto ispirato.
I bambini sono una cosa meravigliosa e sono lo specchio in cui ritrovare tutta la nostra storia.
Io li fotografo sempre e se qualche adulto mi guarda perplesso, lo anticipo sciogliendo le Sue ansie raccontandogli precipitosamente la bellezza del particolare che mi ha commosso e questo ha sempre un effetto distensivo.......
Se noi troviamo le risposte per sostenere il perchè, di fronte a chi obbietti qualcosa, la situazione si stempera e si ci ritrova a condividere il pensiero che ci ha tanto ispirato.
I bambini sono una cosa meravigliosa e sono lo specchio in cui ritrovare tutta la nostra storia.
Io li fotografo sempre e se qualche adulto mi guarda perplesso, lo anticipo sciogliendo le Sue ansie raccontandogli precipitosamente la bellezza del particolare che mi ha commosso e questo ha sempre un effetto distensivo.......
- Carlo Riggi
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Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
Mi sembra un ottimo suggerimento pratico.
Ciao
Carlo
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- Pierfranco Fornasieri
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- Iscritto il: mer gen 31, 2018 12:11 pm
Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
Riflessioni interessanti, lette tutte d'un fiato.
Io credo che un fotografo debba avere innanzitutto una fortissima forma di rispetto nei confronti dei suoi soggetti. Credo anche che quando questo rispetto è sentito da parte del fotografo esso venga anche facilmente percepito da parte del soggetto, chiunque egli sia.
Mi capita di fotografare bambini, quasi sempre sorridendo al genitore e chiedendo a lui il permesso di farlo, per poi proporre di inviare loro la fotografia (proposta quasi sempre rifiutata).
Una volta mi sentivo un ladro di immagini, perché vivevo male il mio rapporto con i soggetti. Oggi ho scoperto che le foto belle si fanno (le faccio, se le faccio) solo quando riesco ad instaurare un rapporto. Non rubo le immagini da tempo, né penso più di pubblicare immagini rubate, anche se in passato l'ho fatto molte volte. L'amore per il soggetto, di cui parla Carlo, è una condizione fondamentale.
A questo punto si intravede però un aspetto di tipo differente. La legge.
Per legge non si possono pubblicare foto di chi non ti ha dichiarato che lo puoi fare, a meno che non si trovasse in una manifestazione pubblica oppure deliberatamente "in vetrina". Ma è anche vero che mi pare che all'atto pratico la giurisprudenza vada molto con le molle, in questi casi. La vera discriminante è il fatto che tu abbia lucrato (e quanto) sull'immagine pubblicata senza permesso. Se non l'hai fatto in maniera sistematica, nell'ipotesi peggiore, il giudice ti impone la rimozione delle foto. Se poi dimostri che le finalità erano di tipo artistico, forse neppure quello.
La multa e gli avvocati arrivano invece, assieme a poca accondiscendenza da parte del giudice, quando ti arricchisci con l'immagine altrui.
Io credo che un fotografo debba avere innanzitutto una fortissima forma di rispetto nei confronti dei suoi soggetti. Credo anche che quando questo rispetto è sentito da parte del fotografo esso venga anche facilmente percepito da parte del soggetto, chiunque egli sia.
Mi capita di fotografare bambini, quasi sempre sorridendo al genitore e chiedendo a lui il permesso di farlo, per poi proporre di inviare loro la fotografia (proposta quasi sempre rifiutata).
Una volta mi sentivo un ladro di immagini, perché vivevo male il mio rapporto con i soggetti. Oggi ho scoperto che le foto belle si fanno (le faccio, se le faccio) solo quando riesco ad instaurare un rapporto. Non rubo le immagini da tempo, né penso più di pubblicare immagini rubate, anche se in passato l'ho fatto molte volte. L'amore per il soggetto, di cui parla Carlo, è una condizione fondamentale.
A questo punto si intravede però un aspetto di tipo differente. La legge.
Per legge non si possono pubblicare foto di chi non ti ha dichiarato che lo puoi fare, a meno che non si trovasse in una manifestazione pubblica oppure deliberatamente "in vetrina". Ma è anche vero che mi pare che all'atto pratico la giurisprudenza vada molto con le molle, in questi casi. La vera discriminante è il fatto che tu abbia lucrato (e quanto) sull'immagine pubblicata senza permesso. Se non l'hai fatto in maniera sistematica, nell'ipotesi peggiore, il giudice ti impone la rimozione delle foto. Se poi dimostri che le finalità erano di tipo artistico, forse neppure quello.
La multa e gli avvocati arrivano invece, assieme a poca accondiscendenza da parte del giudice, quando ti arricchisci con l'immagine altrui.
Ciao
Pierfranco Fornasieri
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- Carlo Riggi
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Re: Diritto alla privacy, diritto alla fotografia
Considerazioni di grande buon senso. Grazie Pier!
Ciao
Carlo
Carlo