Le "proto-forme" di Giuseppe Pagano
Inviato: lun lug 09, 2018 3:49 pm
"Giacometti", di Giuseppe Pagano, per i tipi de "I quaderni di Gente di Fotografia".
Un libro che delizia al primo sguardo, col suo formato quadrato, elegante, essenziale.
Il Nostro insegue Alberto Giacometti attraverso i suoi luoghi, Coltura, Stampa, Borgonovo, per ritrovarne lo spirito, o piuttosto per continuarne in modo personalissimo l'opera. Ossessionato dallo spazio, Giacometti decise che lo spazio non esiste se non come vuoto da riempire, e si può esplorare solo prendendone le distanze. Un oggetto osservato troppo a lungo "scompare", ciò che resta da fare all'artista è perciò di illuminare l'invisibile. I movimenti più che le sostanze, le allusioni più che i significati.
Giuseppe ripercorre l'avventura visiva del grande scultore introiettandone l'ispirazione, ma opponendosi, da fotografo, all'ineluttabilità dell'anestesia dello sguardo. Egli guarda a lungo la materia, e quel che scompare in termini di visibilità ricompare in termini di immaginazione, fino a diventare elemento generativo di nuove configurazioni, proto-forme, ancora in divenire.
Un libro colto (in entrambi i sensi), con due testi introduttivi belli e intensi di Giovanna Gammarota e dello stesso Giuseppe Pagano, con fotografie ben stampate, in un bellissimo bianconero.
Da oggi ha un posto di rilievo nella mia libreria.
Un libro che delizia al primo sguardo, col suo formato quadrato, elegante, essenziale.
Il Nostro insegue Alberto Giacometti attraverso i suoi luoghi, Coltura, Stampa, Borgonovo, per ritrovarne lo spirito, o piuttosto per continuarne in modo personalissimo l'opera. Ossessionato dallo spazio, Giacometti decise che lo spazio non esiste se non come vuoto da riempire, e si può esplorare solo prendendone le distanze. Un oggetto osservato troppo a lungo "scompare", ciò che resta da fare all'artista è perciò di illuminare l'invisibile. I movimenti più che le sostanze, le allusioni più che i significati.
Giuseppe ripercorre l'avventura visiva del grande scultore introiettandone l'ispirazione, ma opponendosi, da fotografo, all'ineluttabilità dell'anestesia dello sguardo. Egli guarda a lungo la materia, e quel che scompare in termini di visibilità ricompare in termini di immaginazione, fino a diventare elemento generativo di nuove configurazioni, proto-forme, ancora in divenire.
Un libro colto (in entrambi i sensi), con due testi introduttivi belli e intensi di Giovanna Gammarota e dello stesso Giuseppe Pagano, con fotografie ben stampate, in un bellissimo bianconero.
Da oggi ha un posto di rilievo nella mia libreria.