Arthur Tress – Facing Up, 1980
Tormentate le foto di Tress, e tormentata la sua ricerca identitaria, implacabile nello scavare dentro i fantasmi di una personalità complessa. La cifra della produzione del fotografo americano (classe 1940) si espande in una gamma completa che va dalla crudezza estrema al lirismo più sottile. Le sue immagini sono accurate messe in scena di fantasie, sogni o, spesso, incubi.
“Facing up”, del 1980, è il suo libro forse più controverso, quello in cui l'omosessualità viene esplorata nelle pieghe più intime, con un registro onirico che non si fa scrupolo di coniugarsi col più minuto ed esplicito dettaglio iperrealista.
La foto che ho scelto rappresenta una maternità tutta al maschile, declinata tra l'ironico e il tragico. La fantasia viene ordita all'interno di un confronto tra la nudità volenterosa del giovane uomo e l'algida indifferenza del suo partner, incurante della feroce e rassegnata richiesta del compagno. Il risultato è una carrozzella di bambole inermi, fantocci devitalizzati, scorie deteriorate di un desiderio ineluttabilmente frustrato.
I due uomini si rifrangono dentro il grande quadro in una moltiplicazione di presenze deumanizzate, che sembrano omologhe al proprio stesso gioco, sterile e perverso.
In questo gioco tragico, le bambole diventano feticcio della fecondità negata, complici ignare del tentativo illusorio di ovviare a una disperante impotenza generativa. E la fotografia si fa veicolo verso il fruitore di un profondo e persistente sentimento di infelicità.