Arthur Tress – Facing Up
- Carlo Riggi
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Arthur Tress – Facing Up
Arthur Tress – Facing Up, 1980
Tormentate le foto di Tress, e tormentata la sua ricerca identitaria, implacabile nello scavare dentro i fantasmi di una personalità complessa. La cifra della produzione del fotografo americano (classe 1940) si espande in una gamma completa che va dalla crudezza estrema al lirismo più sottile. Le sue immagini sono accurate messe in scena di fantasie, sogni o, spesso, incubi.
“Facing up”, del 1980, è il suo libro forse più controverso, quello in cui l'omosessualità viene esplorata nelle pieghe più intime, con un registro onirico che non si fa scrupolo di coniugarsi col più minuto ed esplicito dettaglio iperrealista.
La foto che ho scelto rappresenta una maternità tutta al maschile, declinata tra l'ironico e il tragico. La fantasia viene ordita all'interno di un confronto tra la nudità volenterosa del giovane uomo e l'algida indifferenza del suo partner, incurante della feroce e rassegnata richiesta del compagno. Il risultato è una carrozzella di bambole inermi, fantocci devitalizzati, scorie deteriorate di un desiderio ineluttabilmente frustrato.
I due uomini si rifrangono dentro il grande quadro in una moltiplicazione di presenze deumanizzate, che sembrano omologhe al proprio stesso gioco, sterile e perverso.
In questo gioco tragico, le bambole diventano feticcio della fecondità negata, complici ignare del tentativo illusorio di ovviare a una disperante impotenza generativa. E la fotografia si fa veicolo verso il fruitore di un profondo e persistente sentimento di infelicità.
Ciao
Carlo
Carlo
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Re: Arthur Tress – Facing Up
Ciao Carlo, ti confesso che questo genere di fotografia, estremamente cerebrale, costruito a tavolino, secondo me ha poco a che vedere con la fotografia, mi dà l'idea di un'opera di un pittore che non sa dipingere e allora ripiega sul negativo o sui sensori, per carità magari con ottimi risultati visivi; personalmente ritengo la fotografia il mezzo per uscire di casa e scoprire quello che c'è fuori da noi stessi, mossi da una curiosità visiva data dalle gambe, un passo dopo l'altro. Un saluto.
- Carlo Riggi
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Re: Arthur Tress – Facing Up
Il mio modo di intendere la fotografia è molto affine al tuo, Pier Maria. Ma nelle foto di Arthur Tress credo che siamo oltre la mera posa, intesa come disposizione di corpi alla stregua di manichini. Credo che nelle sue foto ci sia un profondo contatto con la carnalità, con una dimensione umana epidermica, sanguigna; uno strenuo sforzo di resistenza alla morte, come catarsi e non come fredda rappresentazione modellistica.
Guarda questa foto, è certamente disturbante, assolutamente costruita, ma non è uno still life. Non sarebbe la stessa cosa se fosse un disegno, per quanto realistico. Qui c'è la carne, vera, sofferente. E' la carne del fotografo, anche se non so se lo sia in senso stretto. E' carne viva, e trasuda autentico disagio.
Guarda questa foto, è certamente disturbante, assolutamente costruita, ma non è uno still life. Non sarebbe la stessa cosa se fosse un disegno, per quanto realistico. Qui c'è la carne, vera, sofferente. E' la carne del fotografo, anche se non so se lo sia in senso stretto. E' carne viva, e trasuda autentico disagio.
Ultima modifica di Carlo Riggi il gio nov 22, 2018 11:54 am, modificato 1 volta in totale.
Ciao
Carlo
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- MarcoBiancardi
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Re: Arthur Tress – Facing Up
anch' io sono più vicino al pensiero di Pier Maria, non amo per nulla questo genere di Fotografia, che non parte da una realtà oggettiva, ma la ricostruisce come in un set cinematografico, una "realtà" che sta nella mente del suo creatore, che dà forma visuale ai suoi pensieri, visioni, incubi, ossessioni, pulsioni.
Tutto lecito, ovviamente, perché si parla di libera espressione artistica, solo che non è nelle mie corde.
Per dar vita e forma visuale - anche fotografica - a questo tipo di espressione, preferisco allora di gran lunga il cinema.
Tutto lecito, ovviamente, perché si parla di libera espressione artistica, solo che non è nelle mie corde.
Per dar vita e forma visuale - anche fotografica - a questo tipo di espressione, preferisco allora di gran lunga il cinema.