Gianni Berengo Gardin – Gran Bretagna
Inviato: sab dic 08, 2018 5:36 pm
Gianni Berengo Gardin – Gran Bretagna, 1977
È la foto di gran lunga più famosa di Berengo Gardin. La si riconosce a prima vista, cattura lo sguardo, appaga immediatamente. Eppure, a ben guardare, si tratta di una fotografia tutt’altro che speciale. Il soggetto è una normale utilitaria, assai diffusa oltremanica negli anni ’70. La posa è del tutto simmetrica, con l’auto al centro e la linea dell’orizzonte a tagliare a metà il fotogramma. Il bianconero bello, ma non “da urlo”, niente di più di quel che ci si aspetta da un maestro della camera oscura. Un cielo nuvoloso, abbastanza usuale per quelle latitudini - siamo nel nord dell’Inghilterra -, e un mare né tranquillo né agitato. Anonimo. Tutto molto fermo, tutto molto prevedibile, ordinario. Eppure questa foto “buca”. E’ la prima che viene in mente, a tanti suppongo, quando si pensa al maestro veneziano. Bisogna pensare quindi che questa immagine, nella sua semplicità, possieda una particolare valenza archetipica, una capacità di comunicare significati ed emozioni in modo istintivo, naturale e immediato.
Forse è proprio la sostanziale immobilità della scena a comporre il messaggio forte, che arriva alla pancia ancor prima di passare per la testa. La perfetta simmetria della scena ci permette di sintonizzarci immediatamente sui significanti profondi, che proprio da questa piattezza prendono forza per proiettarci in una di quelle domeniche morte, noiose, in cui l’unica attività possibile resta quella di osservare inerti il tempo che passa. Questo sembra fare la coppia all’interno dell’auto. Si immaginano due signori di una certa età, un lungo matrimonio alle spalle, figli ormai grandi, forse lontani. E loro, nulla da dirsi che già non sappiano, l’uno dell’altro, delle cose. Una passione che non pulsa più, un sentimento che non necessita di alcun gesto per esprimersi, solo una paziente, caritatevole condivisione della noia. L’apoteosi dell’intimità è rappresentata dalla sua stessa morte.
Detta così, questa fotografia avrebbe tutti i requisiti per risultare depressiva, ma c’è un elemento che tiene viva la curiosità, e impedisce che si sprofondi nella tristezza: è la targa. L’elemento grafico forte di questa immagine, l’unico tratto identitario riconoscibile, antidoto dell’anomia. Una semplice sequenza alfanumerica che appare familiare e strana ad un tempo, facile da memorizzare, eppure enigmatica. Sembra un’espressione algebrica, un’equazione. La dimensione archetipica di questa immagine fa sì che essa diventi una formula esistenziale, un codice genetico che cela i segreti della vita. Quella capacità di continuare a sentirsi vivi, anche quando tutto intorno a noi pare regnare una fredda e mesta routine. Come in certe noiose, fredde, domeniche invernali.
Nota a margine.
Questa foto rappresenta l’ennesima dimostrazione di quanto la fotografia sia insincera, e proprio quando essa sembri più realistica. In questa immagine risulta pregnante il senso della solitudine, i due protagonisti sembrano isolati da tutto e da tutti, immersi in una solitaria visione del Mare d’Irlanda, distanti mille miglia da altre presenze vitali.
In realtà, la foto è scattata in un parcheggio molto frequentato, il soggetto è inquadrato con un teleobiettivo da 85mm. Solo i due posti alla destra e alla sinistra sono liberi, ma per noi quella coppia, dentro un’auto recante la formula della vita, sarà per sempre dispersa in una costiera desolata del nord dell’Inghilterra. Unica flebile presenza umana di fronte all’immensità dell’oceano.