Stavo pensando
e poi me ne sono accorta.
Stavo camminando
e poi ho realizzato.
Non so esprimere i miei sentimenti.
Li reprimo.
Li schiaccio.
Come un insetto fastidioso li uccido.
Continuando a pensare e a camminare
ho finalmente capito.
Io ho paura di loro, perciò li allontano.
Ma perché dovrei aver paura di provare qualcosa?
-Elena
Come un fiocco di neve caddi #1
Come un fiocco di neve caddi #1
Buon proseguimento,
Elena
Elena
- MarcoBiancardi
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Re: Come un fiocco di neve caddi #1
una fotografia estremamente drammatica, di cui le tue parole indicano una chiara chiave di lettura
autorepressione e rimozione
ma il tuo inconscio si riaffaccia in fotografia e ciò che tenti di schiacciare riaffiora e ritorna razionale attraverso il tuo obiettivo
una grande capacità di raccontare e raccontarsi attaverso la Fotografia
un notevole talento nell'uso della Fotografia come linguaggio
autorepressione e rimozione
ma il tuo inconscio si riaffaccia in fotografia e ciò che tenti di schiacciare riaffiora e ritorna razionale attraverso il tuo obiettivo
una grande capacità di raccontare e raccontarsi attaverso la Fotografia
un notevole talento nell'uso della Fotografia come linguaggio
- Carlo Riggi
- Messaggi: 3192
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Re: Come un fiocco di neve caddi #1
Perché quadrata?..
È una precisa scelta, visto che mi pare di aver capito che scatti in digitale. Una scelta ponderata, realizzata in postproduzione, benché probabilmente previsualizzata in fase di scatto.
Un rettangolo, specie se verticale, avrebbe conferito una diversa dinamica, indicato un verso, suggerito un percorso. Il quadrato, col soggetto così periferico e isolato, e la parte nera così impenetrabile e incombente, nella logica geometrica che ti contraddistingue, impone un senso di paralisi, appare immobilizzante, lapidario, ineluttabile.
È molto pesante per me sostenere questa immagine. La bellezza del soggetto - la bellezza della morte - viene svuotata di qualunque connotazione estetica, ma anche vitale. L'insetto sembra meccanico, come l'uccellino dell'imperatore della fiaba di Andersen. La sua morte non sembra l'esito di una vita vissuta, ma l'interruzione di un freddo e ripetitivo cortocircuito, stereotipato.
Non vedo morte in questa foto, vedo non-vita. Nessun percorso da seguire, nessun progetto perseguibile o perseguito. Alla fine, la cosa più vitale sono le tue parole. Quelle mi aiutano, mi sostengono, mi confortano, perché sono tristi, ma sono vive. Se tu le reciti accanto alla foto è perché hai bisogno di celebrare la vita in questo momento di desolazione mortifera, che la tua fotocamera ha raccolto. Ecco quello che che fa un fotografo, ridare la vita alle cose morte (a partire dalle proprie) o non nate. Con buona pace di Susan Sontag o, a distanza di diversi spazi siderali, di Vittorio Sgarbi.
E se non basta la vista, mettiamoci pure la parola, e la poesia, mettiamoci tutte le risorse trasfigurative che abbiamo.
Perché la morte, se guardata non con gli occhi della fredda tautologia depressiva, ma con quelli della creatività simbolica, non è mai morte per sempre.
È una precisa scelta, visto che mi pare di aver capito che scatti in digitale. Una scelta ponderata, realizzata in postproduzione, benché probabilmente previsualizzata in fase di scatto.
Un rettangolo, specie se verticale, avrebbe conferito una diversa dinamica, indicato un verso, suggerito un percorso. Il quadrato, col soggetto così periferico e isolato, e la parte nera così impenetrabile e incombente, nella logica geometrica che ti contraddistingue, impone un senso di paralisi, appare immobilizzante, lapidario, ineluttabile.
È molto pesante per me sostenere questa immagine. La bellezza del soggetto - la bellezza della morte - viene svuotata di qualunque connotazione estetica, ma anche vitale. L'insetto sembra meccanico, come l'uccellino dell'imperatore della fiaba di Andersen. La sua morte non sembra l'esito di una vita vissuta, ma l'interruzione di un freddo e ripetitivo cortocircuito, stereotipato.
Non vedo morte in questa foto, vedo non-vita. Nessun percorso da seguire, nessun progetto perseguibile o perseguito. Alla fine, la cosa più vitale sono le tue parole. Quelle mi aiutano, mi sostengono, mi confortano, perché sono tristi, ma sono vive. Se tu le reciti accanto alla foto è perché hai bisogno di celebrare la vita in questo momento di desolazione mortifera, che la tua fotocamera ha raccolto. Ecco quello che che fa un fotografo, ridare la vita alle cose morte (a partire dalle proprie) o non nate. Con buona pace di Susan Sontag o, a distanza di diversi spazi siderali, di Vittorio Sgarbi.
E se non basta la vista, mettiamoci pure la parola, e la poesia, mettiamoci tutte le risorse trasfigurative che abbiamo.
Perché la morte, se guardata non con gli occhi della fredda tautologia depressiva, ma con quelli della creatività simbolica, non è mai morte per sempre.
Ciao
Carlo
Carlo
Re: Come un fiocco di neve caddi #1
Grazie per le belle parole che mi donate ad ogni foto,
Elena
Elena
Buon proseguimento,
Elena
Elena
Re: Come un fiocco di neve caddi #1
in questo caso la foto è un estensione del pensiero iniziale che ne amplia la significatività, in fondo "L' essenziale è invisibile agli occhi" (diceva Il piccolo Principe) e se nella foto ha importanza quello che non si può vedere bisogna mettercelo in un altra maniera...
P.S. mi piace molto la riflessione di Carlo suscitata da questa foto...
otto.
P.S. mi piace molto la riflessione di Carlo suscitata da questa foto...
otto.
- Andrea Podesta'
- Messaggi: 583
- Iscritto il: mar feb 06, 2018 10:43 am
Re: Come un fiocco di neve caddi #1
,,,, anch'io ho apprezzato particolarmente la risposta di Carlo, per la profondità dei concetti espressi e per le aperture suggerite a fronte di sollecitazioni alle quali io non ho saputo proferire parola ...