Antoine D'Agata - Mala Noche
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Antoine D'Agata - Mala Noche
Cari amici, ho il piacere, l'onere e l'onore di inaugurare questa nuova sezione. Lo faccio con una foto che mi sta molto a cuore.
Antoine D'Agata, Mala Noche, Pag. 38
Antoine D'Agata ha sempre rivolto il suo obiettivo verso gli emarginati: prostitute, tossicodipendenti, senzatetto. Il suo libro più famoso, “Mala noche”, pubblicato nel 1998 e divenuto ormai autentico oggetto di culto, raccoglie la parte forse più cruda e autentica di questa ricerca, nelle notti malate delle bidonville messicane, abitate alla stessa altezza dei suoi soggetti, gli altri libri, pur ugualmente belli e intensi, essendo più ricercati e sofisticati.
A pag. 38 del libro troviamo questa foto, che considero tra le sue più significative, impressa indelebilmente nel mio immaginario.
La rigorosa vena verista di D'Agata trova in questa immagine un sincretismo perfetto tra la semantica della situazione e la sintassi della disciplina fotografica. La foto ha una evidente forza descrittiva, racconta in modo esplicito, in puro stile reportage, ma allo stesso tempo è dotata di una potente energia evocativa. Il fruitore è compartecipe dello strapiombo esistenziale della giovane donna, ne condivide l'alienazione e la disperazione, temperata dal momentaneo, ingannevole, sollievo della sostanza. La perturbazione formale del fotogramma, l'orizzonte storto, la grana grossa, la prospettiva enfatica, delineano una sorta di isomorfismo morale e ci fanno entrare dentro la condizione del soggetto più di quanto gli aspetti contenutistici ci consentano. Il pudore della ragazza nel gesto di nascondere il viso, e il rispetto da parte del fotografo, riducono l'elemento identitario e amplificano a dismisura il potenziale identificativo, a cui l'osservatore attento non può sottrarsi. La trasgressione delle regole fotografiche non è qui un vezzo d'artista, ma una precisa scelta espressiva del narratore, che, attraverso di esse, ci proietta “corporalmente” nelle medesime condizioni psicofisiche del suo soggetto.
La bellezza qui non è cercata né rifuggita, è il risultato inevitabile della complessa, eppur istintiva, realizzazione di una felice combinazione di condizioni interne ed esterne all'autore: occhio, mente, cuore, direbbe Cartier Bresson, qui perfettamente allineati.
Termino con le parole di D'Agata:
"Nessuna fotografia può pretendere di mostrare la verità. Una foto mostra solo una determinata situazione sotto una prospettiva molto specifica, consapevolmente o meno, apertamente o meno, in modo rilevante o meno".
Antoine D'Agata, Mala Noche, Pag. 38
Antoine D'Agata ha sempre rivolto il suo obiettivo verso gli emarginati: prostitute, tossicodipendenti, senzatetto. Il suo libro più famoso, “Mala noche”, pubblicato nel 1998 e divenuto ormai autentico oggetto di culto, raccoglie la parte forse più cruda e autentica di questa ricerca, nelle notti malate delle bidonville messicane, abitate alla stessa altezza dei suoi soggetti, gli altri libri, pur ugualmente belli e intensi, essendo più ricercati e sofisticati.
A pag. 38 del libro troviamo questa foto, che considero tra le sue più significative, impressa indelebilmente nel mio immaginario.
La rigorosa vena verista di D'Agata trova in questa immagine un sincretismo perfetto tra la semantica della situazione e la sintassi della disciplina fotografica. La foto ha una evidente forza descrittiva, racconta in modo esplicito, in puro stile reportage, ma allo stesso tempo è dotata di una potente energia evocativa. Il fruitore è compartecipe dello strapiombo esistenziale della giovane donna, ne condivide l'alienazione e la disperazione, temperata dal momentaneo, ingannevole, sollievo della sostanza. La perturbazione formale del fotogramma, l'orizzonte storto, la grana grossa, la prospettiva enfatica, delineano una sorta di isomorfismo morale e ci fanno entrare dentro la condizione del soggetto più di quanto gli aspetti contenutistici ci consentano. Il pudore della ragazza nel gesto di nascondere il viso, e il rispetto da parte del fotografo, riducono l'elemento identitario e amplificano a dismisura il potenziale identificativo, a cui l'osservatore attento non può sottrarsi. La trasgressione delle regole fotografiche non è qui un vezzo d'artista, ma una precisa scelta espressiva del narratore, che, attraverso di esse, ci proietta “corporalmente” nelle medesime condizioni psicofisiche del suo soggetto.
La bellezza qui non è cercata né rifuggita, è il risultato inevitabile della complessa, eppur istintiva, realizzazione di una felice combinazione di condizioni interne ed esterne all'autore: occhio, mente, cuore, direbbe Cartier Bresson, qui perfettamente allineati.
Termino con le parole di D'Agata:
"Nessuna fotografia può pretendere di mostrare la verità. Una foto mostra solo una determinata situazione sotto una prospettiva molto specifica, consapevolmente o meno, apertamente o meno, in modo rilevante o meno".
Ciao
Carlo
Carlo
- MarcoBiancardi
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Re: Antoine D'Agata - Mala Noche
grazie, Carlo, per aver dato l'esordio a questa nuova sezione di "critica" delle fotografie dei "grandi" e di averlo fatto con questa immagine toccante, nella quale leggo accanto alla crudezza della scena e della situazione, una sorta di pietà e vicinanza umana nei confronti del soggetto, che non saprei dire si copra il viso piu per vergogna e difesa di identità o non piuttosto in un gesto di sofferenza, pianto e sconforto.
Apprezzo poi la composizione che dà centralità al soggetto, pur mantenendolo in un continuum con il misero ambiente ambiente circostante denotato solo da pochi oggetti.
A me non pare che si possa parlare di vera "trasgressione delle regole fotografiche", già dagli anni '20 del secolo scorso la lieve inclinazione sulla linea orizzantale è stata introdotta e accettata, così come fa parte delle tecniche e stile del reportage l'utilizzo della available light con le conseguenti imperfezioni della lieve sfocatuta e del micromosso.
Io parlerei di una fotografia matura in grado di piegare e utilizzare il mezzo tecnico anche in condizioni difficili, per poter raggiungere soggetti solitamente distanti dallo strumento fotografico, almeno a quei tempi prima che l'avvento del digitale e del "fotofonino" universalizzassero e banalizzero la possibilità di ripresa fotografica.
Apprezzo poi la composizione che dà centralità al soggetto, pur mantenendolo in un continuum con il misero ambiente ambiente circostante denotato solo da pochi oggetti.
A me non pare che si possa parlare di vera "trasgressione delle regole fotografiche", già dagli anni '20 del secolo scorso la lieve inclinazione sulla linea orizzantale è stata introdotta e accettata, così come fa parte delle tecniche e stile del reportage l'utilizzo della available light con le conseguenti imperfezioni della lieve sfocatuta e del micromosso.
Io parlerei di una fotografia matura in grado di piegare e utilizzare il mezzo tecnico anche in condizioni difficili, per poter raggiungere soggetti solitamente distanti dallo strumento fotografico, almeno a quei tempi prima che l'avvento del digitale e del "fotofonino" universalizzassero e banalizzero la possibilità di ripresa fotografica.
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Re: Antoine D'Agata - Mala Noche
Grazie Carlo, non la conoscevo, anche se di D'Agata ho visto altre fotografie. L'ho guardata per la prima volta, sul telefonino, stamattina molto presto, e forse inconsapevolemente sfiorato dal pensiero dell'autore che riporti alla fine del tuo scritto, e prima di leggerne il contenuto, devo confessare che ho pensato al volo: che mal di denti devastante. Chiedendo perdono porgo a tutti un umile saluto.
- Carlo Riggi
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Re: Antoine D'Agata - Mala Noche
Quasi cieco ad un occhio,i viaggi,la tossicodipendenza,gli emarginati...si è calato all'inferno con la sua fotocamera. ..
Maurizio Cassese
- Carlo Riggi
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Re: Antoine D'Agata - Mala Noche
La sintassi evolve. Come per il linguaggio parlato o scritto, nel tempo si accettano espressioni gergali di uso comune, che prima erano considerate inappropriate per un linguaggio colto e che invece, se utilizzate cum grano salis, si scoprono essere particolarmente efficaci ed entrano nei vocabolari.MarcoBiancardi ha scritto: ↑ven ott 19, 2018 4:18 pmA me non pare che si possa parlare di vera "trasgressione delle regole fotografiche"
Ciao
Carlo
Carlo
- MarcoBiancardi
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Re: Antoine D'Agata - Mala Noche
Dici benissimo Carlo.
Re: Antoine D'Agata - Mala Noche
letto tutto con attenzione e ringrazio, ma l' idea e' quella di aprire un post per ogni foto o si può continuare qui ?
non conoscevo questa foto, l' ho associata subito ad Petersen Anders che ne ha una simile per forza evocativa in Café Lehmitz.
otto.
non conoscevo questa foto, l' ho associata subito ad Petersen Anders che ne ha una simile per forza evocativa in Café Lehmitz.
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- MarcoBiancardi
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Re: Antoine D'Agata - Mala Noche
Otto, per ogni nuova foto che chunque voglia proporre con il suo commento un nuovo post, nel quale anche gli altri possono poi aggiungere i loro personali commenti e interpretazioni su quella foto.
Re: Antoine D'Agata - Mala Noche
ok chiaro, ma se la foto proposta rimanda a qualche visione di un altro autore o dello stesso autore si può continuare con la stessa discussione o meglio aprirne sempre un altra ?
mi scuso con Carlo se sto inquinando il suo post.
otto.
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otto.
- Carlo Riggi
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Re: Antoine D'Agata - Mala Noche
Io direi che se siamo all'interno della stessa discussione, con un riferimento che serva a integrare la riflessione sulla foto, si può continuare nello stesso thread. Se invece la nuova proposta merita di aprire riflessioni sue proprie, sia pur partendo dall'associazione a un'altra foto, meglio aprire una nuova discussione.
Ciao
Carlo
Carlo
Re: Antoine D'Agata - Mala Noche
concordo su tutto...
ecco questa è la foto di Anders Petersen in Café Lehmitz (non di sicuro la più efficace di tutto il progetto) che ho associato appena ho visto quella di Antoine D'Agata proposta (che non conoscevo), a mio parere è molto simile per forza evocativa e pur non avendo l' orizzonte storto descrive analogamente bene la situazione in stile reportagistico, ma trovo quella di Antoine D'Agata più intima e più delicata, ci vedo maggior rispetto e meno distacco, come se il fotografo conoscesse bene il soggetto e forse meno scatto "rubato" visto che Anders Petersen probabilmente ha colto lo scatto in un momento in cui il soggetto principale ne era inconsapevole...
ovviamente ogni riferimento riguarda le due foto singole non il progetto o gli autori delle foto.
otto.
ecco questa è la foto di Anders Petersen in Café Lehmitz (non di sicuro la più efficace di tutto il progetto) che ho associato appena ho visto quella di Antoine D'Agata proposta (che non conoscevo), a mio parere è molto simile per forza evocativa e pur non avendo l' orizzonte storto descrive analogamente bene la situazione in stile reportagistico, ma trovo quella di Antoine D'Agata più intima e più delicata, ci vedo maggior rispetto e meno distacco, come se il fotografo conoscesse bene il soggetto e forse meno scatto "rubato" visto che Anders Petersen probabilmente ha colto lo scatto in un momento in cui il soggetto principale ne era inconsapevole...
ovviamente ogni riferimento riguarda le due foto singole non il progetto o gli autori delle foto.
otto.
- Carlo Riggi
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Re: Antoine D'Agata - Mala Noche
È vero, si assomigliano molto. Quella di Petersen mi sembra un po' più autoriale, più ricercata. D'Agata vive con i suoi soggetti, calandosi nel loro stesso inferno, come dice Maurizio. Il film "Cambodian room" è un documento impressionante, da questo punto di vista.
Ciao
Carlo
Carlo